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266 | ATTO SECONDO |
Florindo. Non so...
Brighella. La senta sta gran cossa che la gh’ha da dir.
Florindo. Via, fatela venire. (sospirando)
Brighella. (Oh, gh’è del mal assae). (da sè, parte)
Florindo. Con che cuore ho da parlare a Rosaura? Ah, se mi potessi rifare! La notte è per me favorevole: se aspettavo a giuocar di notte, felice me! Ma li ho persi tutti di giorno. Se per questa sera sapessi dove ritrovar denari, spererei avanti domani ricuperare i perduti.
SCENA II.
Rosaura e detto, poi Lelio di dentro.
Rosaura. Caro Florindo, voi vi prendete spasso di vedermi penare.
Florindo. (Non so se Brighella le abbia detto che ho giuocato). (da sè) Compatitemi, dove credete voi che ora sia stato?
Rosaura. Mi ha detto Brighella, che eravate a pranzo con degli amici. Mi pare che si poteva, in grazia mia, terminare più presto.
Florindo. (Brighella è un uomo di garbo). (da sè) Compatitemi. Siamo andati a pranzo tardi; ho avuto degli affari di rimarco. Non crediate già ch’io abbia giuocato.
Rosaura. Non mi cade nemmen in pensiere, che dopo le proteste di questa mattina abbiate giuocato più.
Florindo. (Così non lo avessi fatto!) (da sè) Ma, cara signora Rosaura, qual è il motivo che vi conduce nuovamente a favorirmi?
Rosaura. Un eccesso d’amore che ho per voi. Mio padre è venuto, dopo che siete partito voi, a ritrovarmi, mi ha parlato di voi, e mi ha detto assolutamente che non vuole che io pensi alle vostre nozze.
Florindo. Per qual ragione?
Rosaura. Perchè essendo voi giuocatore, teme precipitarmi.
Florindo. Ma come può esser questo? Se egli sa ch’io non giuoco più, e siamo già fra di noi convenuti?