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380 ATTO TERZO


indegna? No, non sarà mai vero. Florindo è un uomo d’onore.1 La signora Rosaura è ricca, la signora Rosaura è vostra; vostra è la fanciulla, e vostre saranno le sue ricchezze; e acciò non crediate che finga, acciò non crediate ch’io mi possa pentire, osservate2 che sicurezza vi do del mio amore, della mia fedeltà. Alla vostra presenza do la mano di sposo alla signora Beatrice3.

Lelio. No, fermatevi. (li trattiene)

Beatrice. Per che cosa lo volete impedire? (a Lelio)

Lelio. Conosco il sacrifizio del vostro cuore; non soffrirò mai che diate la mano a mia zia, per un capriccio, per un puntiglio. (a Florindo)

Beatrice. Mi maraviglio di voi. Egli mi sposa, perchè mi ama. (a Lelio)

Florindo. Sì, ho conosciuto il merito della signora Beatrice...

Lelio. Ella può aver del merito, ma son sicuro che non l’amate. (a Florindo)

Beatrice. Siete un bel temerario, signor nipote.

Lelio. Scusatemi, signora zia, e disingannatevi; egli ama la signora Rosaura, e quella lettera che vi ha lusingata, non era a voi, ma alla signora Rosaura diretta.

Beatrice. Sentite che cosa si va sognando. (a Florindo)

Lelio. Se siete un uomo d’onore, svelatele la verità. (a Florindo)

Florindo. Ah! così è, signora mia: sono costretto confessarlo con mio rossore.

Beatrice. Come! Vi siete dunque burlato di me?

Florindo. Vi domando perdono.

Beatrice. Perfido! Indegno dell’amor mio! Mi avete detto che eravate cattivo, ma conosco che siete pessimo. Andate, collerico, giuocatore, discolo, malcreato, impostore. Non siete degno di me, ed io non so che fare di voi. (parte)

  1. Pap. aggiunge: Florindo mi vuol bene. Florindo è vostro fedel amico.
  2. Pap.: osservate che cosa faccio, osservate che sicurezza ecc.
  3. Pap.: «alla vostra sorella, se pure ella mi vuole. Beatr. Se vi voglio? e come, gli prende la mano con avidità». Il resto di questa scena nell’ed. Pap. manca.