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L'INCOGNITA 139

Beatrice. Ancorchè sdegnata sia con Florindo, non ho cuore di soffrirlo in carcere. Or ch’è partita Rosaura, e che sarà fra poco da mia sorella in Napoli fatta passar nel ritiro, Florindo si scorderà di colei e mi chiederà scusa dell’indegna azione commessa.

Arlecchino. Sala chi è?

Beatrice. E bene chi è?

Arlecchino. La posta.

Beatrice. Come la posta? Vuoi forse dire il mastro della posta?

Arlecchino. Giusto lu.

Beatrice. (Verrà a rendermi conto della sua attenzione in servirmi). (da sè) Digli che passi... ma no, fermati. (Vien mio marito, non vo’ che mi veda parlar con costui). (da sè) Digli che parta e torni verso la sera.

Arlecchino. Gnora sì. Vanne, ferma, digli, senti. Sia maledetto i matti. (parte)

SCENA II.

Beatrice, Ottavio e Colombina.

Ottavio. Signora Beatrice, ecco Colombina, ella ci darà contezza della bella incognita.

Beatrice. Quel bella lo potevate risparmiare.

Colombina. (Già, queste signore elle sole vogliono esser belle). (da sè)

Beatrice. Diteci, quella donna, Rosaura è vostra congiunta?

Colombina. (Quella donna? Gran superbiaccia!) (da sè) No signora, non è niente di mio.

Beatrice. Come ha fatto Florindo a innamorarsi di lei?

Ottavio. Consorte mia, questa interrogazione non ha niente che fare con quello che noi vogliamo sapere. Garbata giovane, venite qui.

Colombina. (Oh, il signor finanziere tratta un po’ meglio), (da sè) Che mi comanda?

Ottavio. Ditemi: questa Rosaura chi è?

Colombina. Vi dirò: sei mesi sono giunse in questa terra un