Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/123

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Pantaloncino. Ho fenio; la lezza se va ben.

Dottore. (Legge barbottando) Va benissimo.

Pantaloncino. La vegna ogni sie mesi, che la gh’averà i so pro pontuali.

Dottore. Non occorr’altro. Signore, la riverisco e la ringrazio.

Pantaloncino. La ringrazia sior Lelio.

Dottore. Vi sono tanto obbligato. (a Lelio)

Lelio. Quando posso far del bene agli amici, lo faccio volentieri.

Dottore. Che siate tutti due benedetti. (Fortuna, ti ringrazio, ho impiegati bene li miei denari. Son contentissimo). (da sè, via)

Pantaloncino. Sto sior Dottor el xe el più bravo miedego de sto mondo.

Lelio. Perchè?

Pantaloncino. Perchè co sto recipe l’ha medicà le mie piaghe.

Lelio. Io vi ho fatto il mezzano. Voglio la sensaria.

Pantaloncino. Tutto quel che volè. Sè paron de tutto.

Lelio. Prestatemi venti zecchini.

Pantaloncino. Volentiera. Savè chi son. Per i amici dago anca la camisa, se occorre. Tolè, questi xe vinti zecchini.

Lelio. E i trenta per l’abito da dare alla virtuosa?

Pantaloncino. Voleu che ve li daga a vu? Voleu andar vu a far sta spesa?

Lelio. Sì, se volete, vi servirò io. Comprerò quel drappo che avete scelto, e lo porterò a madama in nome vostro.

Pantaloncino. Bravo; me fare servizio. Tolè trenta zecchini, e diseghe che la me voggia ben.

Lelio. È obbligata a volervene. Voi l’avete levata dalle miserie, ed avete fatta la sua fortuna.

Pantaloncino. E farò anca de più, se la gh’averà giudizio.

Lelio. La sposerete?

Pantaloncino. Oh, sposarla mo no.

Lelio. V’aspetto al caffè.

Pantaloncino. Vegnirò adessadesso.

Lelio. (Povero gonzo! Egli spende, ed io mi diverto alle di lui spalle). (da sè)