Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/126

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Corallina. Oh quanti zecchini! Signor padrone! Quanti denari!

Pantaloncino. Cossa credeu, siora, che v’abbia magnà i vostri bezzi? I xe qua in sta borsa; e ogn’anno ghe voleva metter drento el so pro, e andana pro sora cavedal, e ogn’anno col pro dei pro se aumenteria la vostra sorte, e adesso ghe xe de cavedal cento e ottanta ducati; e questi i ve ne frutteria disdotto, e st’altro anno de più, e ogni anno sempre de più, e in pochi anni con cento e cinquanta ducati se duplicheria el capital, e ve faressi la dota. Ma za che volè i vostri bezzi, ve li conto, ve li dago, e no ghe ne vôi più saver. (mostra di levar i denari dalla borsa)

Corallina. Fermate un poco, fermate. Non siate così furioso. Ho detto che volevo i miei denari, supposto che non mi voleste pagare i pro.

Pantaloncino. No so gnente. Vedo che no ve fidè, e mi ve vôi contentar.

Corallina. Ditemi in grazia, in quanti anni diverrebbero quattrocento?

Pantaloncino. In te le mie man, m’impegno in manco de quello che ve credè.

Corallina. Ma pure?

Pantaloncino. In tre o quattr’anni.

Corallina. Ditemi, e se fossero adesso trecento, nel medesimo tempo diverrebbero seicento?

Pantaloncino. Coll’istessa regola no gh’è dubbio.

Corallina. Sentite in confidenza. Ho prestati cento e cinquanta ducati anche al vostro signor padre, ma non mi paga altro che il sei per cento.

Pantaloncino. Fè una cossa: feveli restituir, e vegnì da mi, che ve darò el diese.

Corallina. Son quasi in stato di farlo.

Pantaloncino. Ma zitto, che nol sappia gnente.

Corallina. Oh, non glielo fo sapere. Gli chiederò i miei denari; me li darà, li porterò a voi, li metteremo con questi, e in meno di quattro anni averò una dote di seicento ducati.