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238 ATTO SECONDO

Questa simpatia, questo genio, si dà anche fra persone che non si conoscono. Anch’io provo per lei quello che non ho sentito per alcun altro.

Cavaliere. Ho paura che voi mi vogliate far perdere la mia quiete.

Mirandolina. Oh via, signor cavaliere, se è un uomo savio, operi da suo pari. Non dia nelle debolezze degli altri. In verità, se me n’accorgo, qui non ci vengo più. Anch’io mi sento un non so che di dentro, che non ho più sentito; ma non voglio impazzire per uomini, e molto meno per uno che ha in odio le donne; e che forse forse per provarmi, e poi burlarsi di me, viene ora con un discorso nuovo a tentarmi. Signor Cavaliere, mi favorisca un altro poco di Borgogna.

Cavaliere. Eh! Basta... (versa il vino in un bicchiere)

Mirandolina. (Sta lì lì per cadere). (da sè)

Cavaliere. Tenete. (le dà il bicchiere col vino)

Mirandolina. Obbligatissima. Ma ella non beve?

Cavaliere. Sì, beverò. (Sarebbe meglio ch’io mi ubbriacassi. Un diavolo scaccerebbe l’altro). (da sè; versa il vino nel suo bicchiere)

Mirandolina. Signor Cavaliere. (con vezzo)

Cavaliere. Che c’è?

Mirandolina. Tocchi. (gli fa toccare il bicchiere col suo) Che vivano i buoni amici.

Cavaliere. Che vivano. (un poco languente)

Mirandolina. Viva... chi si vuol bene... senza malizia tocchi.

Cavaliere. Evviva...

SCENA V.

Il Marchese e detti.

Marchese. Son qui ancor io. E che viva?

Cavaliere. Come, signor Marchese? (alterato)

Marchese. Compatite, amico. Ho chiamato. Non c’è nessuno.

Mirandolina. Con sua licenza... (vuol andar via)

Cavaliere. Fermatevi. (a Mirandolina) Io non mi prendo con voi cotanta libertà. (al Marchese)