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LA LOCANDIERA 241

Mirandolina. Per quel che vedo, signor Marchese, non vuole che il suo vino ci vada alla testa.

Marchese. Questo? Si beve a gocce, come lo spirito di melissa. Ehi? Li bicchierini. (apre la bottiglia)

Servitore. (Porta de bicchierini da vino di Cipro.)

Marchese. Eh, son troppo grandi. Non ne avete di più piccoli? (copre la bottiglia colla mano)

Cavaliere. Porta quei da rosolio. (al servitore)

Mirandolina. Io credo che basterebbe odorarlo.

Marchese. Uh caro! Ha un odor che consola. (lo annasa)

Servitore. (Porta tre bicchierini sulla sottocoppa.)

Marchese. (Versa pian piano, e non empie li bicchierini, poi lo dispensa al Cavaliere, a Mirandolina, e l’altro per sè, turando bene la bottiglia) Che nettare! Che ambrosia! Che manna distillata! (bevendo)

Cavaliere. (Che vi pare di questa porcheria?) (a Mirandolina, piano)

Mirandolina. (Lavature di fiaschi). (al Cavaliere, piano)

Marchese. Ah! Che dite? (al Cavaliere)

Cavaliere. Buono, prezioso.

Marchese. Ah! Mirandolina, vi piace?

Mirandolina. Per me, signore, non posso dissimulare; non mi piace, lo trovo cattivo, e non posso dir che sia buono. Lodo chi sa fingere. Ma chi sa fingere in una cosa, saprà fingere nell’altre ancora.

Cavaliere. (Costei mi dà un rimprovero; non capisco il perchè). (da sè)

Marchese. Mirandolina, voi di questa sorta di vini non ve ne intendete. Vi compatisco. Veramente il fazzoletto che vi ho donato, l’avete conosciuto e vi è piaciuto, ma il vin di Cipro non lo conoscete. (finisce di bere)

Mirandolina. (Sente come si vanta?) (al Cavaliere, piano)

Cavaliere. (Io non farei così). (a Mirandolina, piano)

Mirandolina. (Il di lei vanto sta nel disprezzare le donne). (come sopra)

Cavaliere. (E il vostro nel vincere tutti gli uomini). (come sopra)

Mirandolina. (Tutti no). (con vezzo al Cavaliere, piano)