Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/258

Da Wikisource.
246 ATTO SECONDO

Ortensia. Ha qualche amoretto, signor Conte?

Conte. Sì, ve lo dirò in confidenza. La padrona della locanda.

Ortensia. Capperi! Veramente una gran signora! Mi maraviglio di lei, signor Conte, che si perda con una locandiera!

Dejanira. Sarebbe minor male, che si compiacesse d’impiegare le sue finezze per una comica.

Conte. Il far all’amor con voi altre, per dirvela, mi piace poco. Ora ci siete, ora non ci siete.

Ortensia. Non è meglio così, signore? In questa maniera non si eternano le amicizie, e gli uomini non si rovinano.

Conte. Ma io, tant’è, sono impegnato; le voglio bene, e non la vo’ disgustare.

Dejanira. Ma che cosa ha di buono costei?

Conte. Oh! Ha del buono assai.

Ortensia. Ehi, Dejanira. È bella, rossa. (fa cenno che si belletta)

Conte. Ha un grande spirito.

Dejanira. Oh, in materia di spirito, la vorreste metter con noi?

Conte. Ora basta. Sia come esser si voglia; Mirandolina mi piace, e se volete la mia amicizia, avete a dirne bene, altrimenti fate conto di non avermi mai conosciuto.

Ortensia. Oh signor Conte, per me dico che Mirandolina è una dea Venere.

Dejanira. Sì, sì, è vero. Ha dello spirito, parla bene.

Conte. Ora mi date gusto.

Ortensia. Quando non vuol altro, sarà servito.

Conte. Oh! Avete veduto quello ch’è passato per sala?1 (osservando dentro la scena)

Ortensia. L’ho veduto.

Conte. Quello è un altro bel carattere da commedia.

Ortensia. In che genere?

Conte. È uno che non può vedere le donne.

Dejanira. Oh che pazzo!

Ortensia. Avrà qualche brutta memoria di qualche donna.

  1. Pap., Bett. ecc. aggiungono: ed è andato verso la cucina?