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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/399

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a criticare, o veduti, o uditi? A me medesimo è accaduto più volte sentir dir male di me in mia presenza, senza essere conosciuto. Due anni sono in Bologna[1], arrivato colà appena in tempo che dalla Compagnia de’ Comici del Medebach recitavansi da un mese in circa le mie Commedie, andai in un Caffè a trattenermi, ove non era io conosciuto. Entra poco dopo di me un Forestiere, e dice forte: Signori, una nuova: a Bologna è arrivato il Goldoni. Risponde uno de’ circostanti: Non me n’importa niente, e se ne va di bottega. Da lì a non molto, giunse colà un Bolognese, che senza conoscermi mi volea bene (siccome tutti in Bologna, a riserva di pochi, hanno per me dell’amore e della bontà moltissima); corsegli incontro il Forestiere suddetto, e dissegli con certo riso sul labbro, che aveva ancor dell’equivoco: Ehi! È arrivato Goldoni; rispose il cortesissimo Bolognese: L’ho molto caro, lo vedrò volontieri. Al che soggiunse quell’altro, col riso un poco più tendente all’ironico: Oh sì: vedrete una bella cosa! Continuò poscia incalzando: Che dite delle sue Commedie? Mi piacciono: dissegli il Bolognese, e tanto bastò perchè sparisse affatto un’ombra di riso dal labbro turgido del Forestiere, e scaricasse egli un monte d’ingiurie contro le povere Opere mie. Cheto, cheto me ne stava io, godendo le grazie di quel mio padrone, allora quando entra un amico mio, e mi dice: Benvenuto, dottor Goldoni. Arrossii io medesimo per colui, che rimase mortificato, escì dalla bottega immediatamente, e moralizzando sul fatto col camerata, si declamò contro l’imprudenza.

Cent’altri casi simili accaduti mi sono in Venezia principalmente, in occasion delle Maschere ai Teatri, ai Caffè, per le strade e nello strepitoso Ridotto. Questo è quell’ampio luogo, in cui fra tante savie persone che vi concorrono per onesto divertimento, si affollano i disperati e gli oziosi, i quali avendo mascherata la faccia, credono aver mascherara la lingua ancora, per non essere riconosciuti parlando. Dicono i fatti loro a chi non cura saperli, e framischiano con i loro anche i fatti degli altri, e a questi aggiun-

  1. Nel maggio dell’anno 1732.