Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/246

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Rosaura. Sì signore, e ve n’è forse un’altra che abbia un tal nome?

Florindo. (Non vorrei si scuoprisse qualche equivoco in mio danno). (da aè)

Lelio. Sappiate, perchè siccome...

Florindo. Amico, sospendete per ora, e permettetemi che alla vostra presenza dia la mano di sposo alla mia bella.

Lelio. Sì, volentieri. Sarò io il prologo della vostra cupidità.

Florindo. Deh, giuratemi la vostra fede, prima che giunga ad impedirlo il vostro genitore.

Rosaura. Anzi egli lo accorda, e lo desidera, e mi sollecita.

Florindo. Comunque sia, eccovi la mia mano.

Rosaura. Eccovi colla destra il mio cuore.

Lelio. Evviva, evviva. Amore precipiti sul vostro capo la cornucopia dell’amorosa fecondità.

SCENA X.

Pantalone e detti.

Pantalone. Oh, qua ti xe? T’ho cercà per tutto. E cussì, xela giustada.

Rosaura. Sì signore, tutto è accomodato.

Pantalone. Via, gh’ho a caro. Cossa dise sior Florindo?

Florindo. Che volete ch’io dica? Io sono contento.

Pantalone. Sì? manco mal. E élo, sior Lelio?

Lelio. Io nuoto in un mare di giubilazioni.

Pantalone. (Credo anca mi). (da sè) E ti xestu contenta?

Rosaura. Non potevo desiderare maggiore felicità.

Pantalone. Sia ringrazia el cielo; anca mi son contento. Via, za che ti xe arente al novizzo, e che ghe xe un testimonio, deghe la man.

Rosaura. Signore...

Pantalone. Cossa gh’è?

Rosaura. Gliel’ho data.