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LA SERVA AMOROSA 279

Ottavio. (Maladetto!) Carte. (come sopra)

Beatrice. (Mette giù il mazzo.)

Ottavio. Finiremo dopo. Ho sette punti. Ho bazzica, e m’avete dato una carta.

Beatrice. Signor Agapito. Chi è quel signore? (accennando Corallina)

Agapito. Un mio giovine, che soglio condurre con me. Fa le minute sotto la mia dettatura; copia, mi serve per testimonio, e impara la professione.

Beatrice. Fatelo venire avanti.

Agapito. Perdoni: non gli do tanta confidenza. Verrà innanzi, quando bisognerà.

Beatrice. Ecco qui il signor Ottavio; egli ha desiderio di fare il suo testamento.

Ottavio. Eh! Non ho poi questo gran desiderio. Grazie al cielo, non sono ancora decrepito. Sto bene di salute, e posso ancora pensarci.

Agapito. V. S. si accomodi. Io non sono venuto per consigliarla a far testamento. Mi hanno chiamato, ed io per obbedire sono comparso.

Ottavio. Che nuove abbiamo, signor Agapito?

Agapito. Non saprei...

Ottavio. Volete giuocare a bazzica? (ad Agapito)

Beatrice. Ma signore Ottavio, voi diventate peggio assai di un bambino. Ogni momento vi cambiate di opinione. Ora sì, ora no. Ora voglio, ora non voglio. Volete che ve lo dica? Sono scandalezzata di voi, e credo che lo facciate o per farmi disperare, o per burlarmi ben bene, e far ridere i miei nemici.

Ottavio. Guardate che pensieracci vi vengono per il capo! Signore Agapito, son qui, voglio far testamento.

Agapito. Benissimo, io la servirò. Ha fatto niente da sè? Ha preparato la sua disposizione in iscritto?

Ottavio. Non ho fatto niente. Faremo fra voi e me.

Agapito. La signora Beatrice favorirà di lasciarci in libertà.

Beatrice. Perchè? Io non ci posso essere?

Agapito. Chi fa testamento, non ha d’aver soggezione. Perdoni, io costumo così.