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22 ATTO PRIMO


SCENA IV.

Arlecchino e detti.

Arlecchino. Sion... (col cappello in testa)

Tutti. Cavati il cappello, cavati il cappello.

Arlecchino. Ih! sia maledetto, (getta via il cappello) El sior Marchese l’è poco lontan.

Nardo. Andiamo, (tutti s’alzano e vogliono partire) Aspettate. Tocca a me a andare innanzi. (parte con gravità)

Pasqualotto. (Vuole andare.)

Cecco. Aspettate. Tocca a me. (fa lo stesso)

Mengone. Ora tocca a me. (fa lo stesso)

Pasqualotto. A chi tocca di noi due?1 (a Marcone)

Marcone. Io sono il sindaco più vecchio. Tocca a me.

Arlecchino. Sior sì, tocca a lu.

Pasqualotto. Io sono stato sindaco quattro volte, e voi due.

Arlecchino. L’è vera, tocca a vu.

Marcone. Ma questa volta ci sono entrato prima di voi.

Arlecchino. El gh’ha rason.

Pasqualotto. Orsù, mandiamo a chiamare i deputati, e faremo decider a chi tocca.

Marcone. Benissimo; va a chiamare messer Nardo, (ad Arlecchino Arlecchino.2 Subito. (Ecco un impegno d’onor tra el fior della nobiltà). (da sè, parte)

Pasqualotto. Non voglio pregiudicarmi.

Marcone. Nemmen io certamente.

Pasqualotto. Siamo amici, ma in queste cose voglio sostenere la dignità.

Marcone. Vada tutto, ma non si faccia viltà.

  1. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: «Arlecchino. (Oh bella! Stè a veder che nass un impegno tra el fior della nobiltà)».
  2. Bett. e Pap.: «Voli che decida mi sta contesa? Se se tratta d’andar a magnar, tocca a mi; se se tratta d’andar a far... tocca a tutti do. via. Marc. Impertinente!»