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32 ATTO PRIMO

Rosaura. Non rispettano il mio abito, ma il mio costume.

Florindo. Sì? Me ne rallegro. Da chi avete imparate queste belle massime?

Rosaura. Le ho ereditate col sangue.

Florindo. Siete dunque di sangue nobile?

Rosaura. Sì, signore, quanto il vostro.

Florindo. Quanto il mio? Sapete voi chi sono?

Rosaura. Lo so, lo so.

Florindo. Sapete voi che io sia il marchese di Montefosco?

Rosaura. Così non lo sapessi.

Florindo. E voi chi siete?

Rosaura. A suo tempo mi darò a conoscere.

Florindo. In verità, mi fate compassione. Una giovane bella e disinvolta star qui sopra una montagna, senza godere il mondo, senza un poco di conversazione, è veramente un peccato.

Rosaura. Poco di ciò mi cale. Mi basterebbe, signore...

Florindo. Sì, lo so, vi basterebbe poter fare un poco all’amore. Fra questi villani non vi sarà chi vi piaccia.

Rosaura. Voi non mi capite.

Florindo. Sì, vi capisco. Ho compassione di voi, e son qui per consolarvi,

Rosaura. Ah! lo volesse il cielo!

Florindo. Non dite niente a mia madre, e vi consolerò.

Rosaura. Come?

Florindo. Farete all’amore con me. Fino che io starò qui in Montefosco, sarò tutto vostro.1

Rosaura. Signore, vi riverisco.

Florindo. Fermatevi.

Rosaura. Lasciatemi andare.

Florindo. Non dite voi che siete di sangue nobile?

Rosaura. Sì, e me ne vanto.

  1. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: «Ros. Signor Marchese, i villani con cui ho trattato sinora, parlano molto meglio di voi. Flor. Sì, me l’immagino. Essi faranno le cose loro senza tante parole. Non dubitate, mi uniformerò al costume, farò come volete. Ros. Signore, vi riverisco ecc.».