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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/513

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LA FIGLIA OBBEDIENTE 497

Olivetta. Dite, amico.

Arlecchino. Baroni, come prima. (parte

Brighella. Ti gh’ha rason.

Olivetta. Non ho camicia da mutarmi.

Brighella. Se una donna senza giudizio.

Olivetta. Causa voi. Colla vostra maledetta superbia. Volere andar via a precipizio.

Brighella. Causa vu, colle vostre frascherie. Far pase col sior Conte.

Olivetta. Voi tornerete a far il servitore.

Brighella. E voi tornerete a filar.

Olivetta. Io mi guadagnerò il pane colle mie gambe. (partono

SCENA XII.

Camera in casa di Pantalone, senza lumi.

Florindo ed il Servitore di Beatrice.

Florindo. Dov’è la signora Beatrice?

Servitore. La mia padrona è di sopra col signor Pantalone e colla signora Rosaura.

Florindo. Caro amico, fatemi il piacere: andate su dalla vostra padrona, tiratela in disparte, ditele ch’io son qui per una premura grandissima di parlarle, che la supplico di ascoltare una sola parola, che anderò via subito, s’ella viene; ma che aspettandola soverchiamente, potrei venire scoperto. M’avete capito?

Servitore. Sì, signore, ho capito e la servirò. Ma la prego di non dire alla mia padrona, che io ho introdotto a quest’ora vossignoria all’oscuro.

Florindo. Non dubitate; dirò che ho ritrovato l’uscio di strada aperto. Anzi tenete intanto questo zecchino, e poi domani ci rivedremo.

Servitore. Obbligatissimo.1 (parte

  1. Pap. aggiunge: «(Non vorrei che fosse un soldo, invece di un zecchino!) Flor. Via, andate. Serv. Vado subito, via all’oscuro. Flor. Sì, voglio ecc.».