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IL FEUDATARIO 45


vostra1, non per fare onore ad una, che nel nostro paese non conta niente. Serva di Vostra Eccellenza. (parte)

Giannina. Serva di Vostra Eccellenza. (parte)

Olivetta. Serva di Vostra Eccellenza. (parte)

SCENA VII.

Rosaura, la Marchesa Beatrice, poi Florindo.

Beatrice. Io resto attonita, come dar si possa in costoro tanta temerità. Ma appunto la temerità procede dall’ignoranza. Io farò conoscere a queste impertinenti il loro dovere. Farò loro conoscere chi sono io, chi siete voi.2

Rosaura. Ah! signora Marchesa, mirate a qual grado di dispezione mi porta il destino. E qui dovrò vivere? E qui dovrò vedermi sacrificata? Signora Marchesa, abbiate pietà di me.

Beatrice. (Veramente3 merita compassione!) (da sè) Penserò4 al modo di rendervi consolata.

Rosaura. Eh! signora, se le parole bastassero, tutti gl’infelici 5 sarebbero consolati.6 Chi vive fra gli agi e le morbidezze, non crede agli affanni di chi languisce penando; e chi trovasi collocato in grado di nobiltà grandiosa, non cura, non ascolta e spesso ancora disprezza chi è nato nobile, ed è sfortunato.7

Beatrice. (Parla in guisa che mi sorprende). (da sè)

Florindo.8 Posso venire? Mi è permesso?

Beatrice. Venite; perchè tal dubbio?

Florindo. Quando vedo donne, ho sempre timore, ho sempre soggezione.

  1. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: «non per fare onore a colei, che nel nostro paese non si stima un fico. Serva di V. E. parte. Giann. Noi abbiamo case, campi, prati, cavalli, bestie bovine, Eccellenza, e colei è una miserabile. Serva di V. E. parte. Oliv. Sino i ragazzi, Eccellenza, quando la vedono, gridano: la signora morta di fame, la signora morta di fame. Serva di V. E. parte. Ros. piange».
  2. Bett. e Pap. aggiungono: Rosaura, perchè piangete?
  3. Bett. e Pap.: Ah veramente.
  4. Bett. e Pap.: Via, non piangete. Penserò ecc.
  5. Bett. e Pap.: tutti i poveri al mondo.
  6. Bett. e Pap. aggiungono: Permettetemi ch’io vi dica, che chi non prova la povertà, non sa con quanta pena il povero la sopporti. Chi vive ecc.
  7. Bett. e Pap.: chi è nato nobile sfortunato.
  8. Comincia nell’ed. Bett. la sc. X.