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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/74

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64 ATTO SECONDO

Beatrice. Avete dunque fissato di ricorrere a sua Maestà?

Rosaura. Prima di presentarmi al Sovrano, ho destinato di ricorrere a un altro giudice.

Beatrice. A qual tribunale?

Rosaura. A quello del vostro cuore. Voi siete pia, siete giusta; nasceste dama, non sapete che pensar nobilmente, e il modo con cui meco vi diportate, autentica la bontà vostra. Voi conoscete la mia ragione, a voi son noti i diritti che io serbo su questa terra. Capace non vi credo di volermi oppressa con ingiustizia, anzi voi medesima sarete il mio avvocato, la mia protezione, la mia difesa. Se io non appieno conoscessi la vostra virtù, non vi aprirei il mio cuore sì facilmente, saprei anch’io dissimulare, fingere e lusingarvi. Vi conosco, di voi mi fido. Vi parlo col cuor sulle labbra, e chiedo a voi medesima giustizia, risarcimento, consiglio.

Beatrice. Ora che a me dinanzi avete trattata la vostra causa, volete che io pronunzi la mia sentenza?

Rosaura. Pronunziatela. Con impazienza l’attendo.

Beatrice. Voi siete l’erede del marchesato di Montefosco.

Rosaura. E vostro figlio...

Beatrice. Non può ritenerlo senza taccia d’usurpatore.

Rosaura. Dunque poss’io sperare di conseguirlo?

Beatrice. Un giudice senza forze non può assicurarvi di più.

Rosaura. L’autorità della madre non potrà costringere il figlio?

Beatrice. Sì, vi prometto di farlo. Florindo non è fuor di tutela. Posso disporlo, posso costringerlo al suo dovere. Non tralascierò mezzo alcuno per illuminarlo della ragione e della giustizia; e quando l’ambizione lo rendesse restio, saprò volere, saprò minacciare. Rosaura, ve lo prometto. Voi sarete la marchesa di Montefosco.

Rosaura. Oh Dio! mi consolate; mi colmate di giubbilo e di conforto.

Beatrice. Dopo averv’io assicurata nella vostra felicità, posso sperare da voi gratitudine e ricompensa?

Rosaura. Vi deggio la vita stessa; comandatemi, e v’ubbidirò.