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178 ATTO SECONDO


Traccagnino. Mi ho fatto per far ben. Ghe giera del rosso, e me pareva che no l’andasse ben.

Violante. Me la pagherai. (leggendo)

Traccagnino. Mo perchè, signora?

Violante. Sì, temerario, me la pagherai. (come sopra)

Traccagnino. Ghe domando perdon, signora. (s’inginocchia)

Violante. No, non vi è perdono; non vi ha da esser pietà.

Traccagnino. Ma la prego...

Violante. Alzati, servo indegno di uno scellerato padrone.

Traccagnino. Oh, poveretto mi! cossa gh’intra el patron?

Violante. Sì, di’ a don Roberto, che si accorgerà egli chi sono.

Traccagnino. Cara ela, al patron no la ghe diga gnente.

Violante. Vattene tosto di questa casa.

Traccagnino. Ma la me senta...

Violante. Vanne, o giuro al cielo, ti farò balzar dalle scale.

Traccagnino. Sia maledetto! se pol dar de pezo? Tanto strepito per un pezzo de carta! Bisogna che in sto paese la carta sia molto cara. (parte)

SCENA XIV.

Donna Violante ed Argentina.

Violante. Si può sentire di peggio? (osservando la carta)

Argentina. Ma perchè, signora, andar in collera in quella maniera? Finalmente non è una gran cosa.

Violante. Non è una gran cosa? Una satira di questa sorta non è una gran cosa?

Argentina. Una satira? Chi l’ha fatta?

Violante. Quel temerario di don Roberto.

Argentina. Ah indegno! Fa il cascamorto con voi, e poi vi manda le satire. Vedete, se il povero don Fausto dice sempre la verità?

Violante. Sì, lo conosco. Don Fausto mi ama; egli mi parla schietto, perchè ha dell’amore per me. Basta che si moderi nel perseguitare il genio che ho per le lettere, del resto poi