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LA CAMERIERA BRILLANTE 269


con qualche bizzarria, con qualche travestimento. Siete buono voi di secondarmi? di far qualche figura graziosa?

Traccagnino. Se me insegnerà, farò.

Argentina. Bene dunque, andiamo, che v’insegnerò.

Traccagnino. Ma prima magnar, per metterne in corpo del spirito, del coraggio, della disinvoltura.

Argentina. Sì, sì, mangeremo. Venite con me. (Vo’ divertir la conversazione, ma col mio secondo fine però). (da sè, e parte)

Traccagnino. Panza mia, parécchiete de far festa. (parte)

SCENA XV.

Sala con tavola apparecchiata.

Pantalone, Flaminia, Clarice, Ottavio.

Pantalone. Animo, patroni, a tola.

Ottavio. Perdoni, tocca alle signore donne.

Clarice. Se non viene il signor Florindo, non vengo a tavola nè meno io.

Pantalone. Ti ghe vol un gran ben a sto sior Florindo.

Clarice. Non dico di volergli nè bene nè male. Ma in questa parte non ho da essere di meno di mia sorella.

Flaminia. Che pretensione ridicola! Starete male, sorella cara, col signor Florindo. In questo proposito, è un uomo tutto all’incontrario di quello che siete voi.

Clarice. Non me ne importa. Ha da venire a tavola.

Pantalone. El vegnirà. Intanto sentemose1 nu. Via, sior Ottavio, come forestier, la prencipia ela.

Ottavio. Il signor Pantalone mi vuol fare quel trattamento che mi hanno fatto cinque dame la settimana passata. Hanno voluto ch’io sedessi per il primo. Non lo volevo fare assolutamente; ed esse badavano a dire; la vostra nobiltà, il vostro merito, il vostro grado... Basta, io non l’ho fatto per questo, l’ho fatto per obbedire. (siede)

  1. Sediamoci.