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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/279

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LA CAMERIERA BRILLANTE 271

Pantalone. Come! no la ne vol favorir?

Florindo. Non ho volontà di mangiare.

Pantalone. Se no la poli magnar, pazenzia; tanto più valerà el nostro. La se senta per compagnia.

Florindo. Non sono pazzo io a venirmi a seccare.

Pantalone. A seccarve? Come parleu, sior?

Florindo. (Passeggia fischiando.)

Pantalone. (Oh che tangaro!) (da sè)

Clarice. (Sento che mi si volta lo stomaco). (da sè)

Flaminia. Che dite della bella grazia del signor Florindo? (piano ad Ottavio)

Ottavio. Non gli si abbada. Mangiamo noi. (dà della minestra a Flaminia, e se ne prende per sè, e mangia.)

Pantalone. Sior Florindo, me maraveggio dei fatti vostri. Fina che ve piase l’economia, la libertà, el retiro, ve lodo: le xe cosse che le me piase anca a mi; ma ste inciviltà, compatime sior, no le xe cosse da par vostro, no le xe cosse da galantomo.

Clarice. Sono cose che non le farebbe un villano, un facchino, uno di quelli che guidano i porci.

Florindo. Non lo sapete il mio naturale? Io non posso soffrire la soggezione.

Ottavio. Venite, signor Florindo. Non abbiate soggezione di me. Son chi sono, egli è vero, ma finalmente siamo in campagna.

Florindo. Oh, se credete che mi prenda soggezione di voi, v’ingannate. Tanto stimo la vostra parrucca, quanto il mio cappello di paglia. Son qui. Sediamo, mangiamo. Che minestra c’è? Pasta? non mi piace. Io non mangio altro che riso.

Pantalone. Se no ve piase la pasta... (alterato)

Florindo. Zitto.

Clarice. Se mangiate il riso... (alterata)

Florindo. Zitto. Mangerò la pasta. (si prende della minestra)