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LA CAMERIERA BRILLANTE | 283 |
Argentina. Se mi riesce di farlo fare a modo mio in tutto, non sarà male per voi.
Brighella. Basta. È tanti anni che son in sta casa.
Argentina. Sì, caro Brighella, non dubitate.
Brighella. El patron vien qua. Vado via.
Argentina. Ricordatevi che voi avete da suggerire.
Brighella. Volentiera. Farò quel che poderò.
Argentina. Andate, e preparate i lumi, e tutto quel che v’ho detto.
Brighella. Subito. (Bisogna tegnirsela amiga custìa, perchè se la deventasse mai padrona... chi sa che no la vada meio per mi?) (da sè, e parte)
SCENA II.
Argentina, poi Pantalone.
Argentina. Il padrone è un uomo che facilmente si dà alla malinconia. Bisogna tenerlo divertito; e colle barzellette può essere che mi riesca di fargli fare di quelle cose, che pensandovi sopra con serietà forse forse non le farebbe.
Pantalone. Arzentina, no faremo gnente. (con un foglio in mano)
Argentina. Perchè, signore?
Pantalone. Perchè mi ste parole toscane le me fa rabbia, e no le posso imparar.
Argentina. Fate torto a voi stesso, signore, a parlar così. Le vostre figliuole parlano pure toscano.
Pantalone. Ele le xe stae arlevae da mio fradello a Livorno e per quello le toscaneggia. Ma mi, ve torno a dir, sti slinci e squinci no i posso dir.
Argentina. Io che sono nata toscana, sentite pure che qualche volta mi adatto a parlar veneziano.
Pantalone. Vu sè vu; mi son mi; e no ghe ne voggio saver.
Argentina. Vorrei veder anche questa.
Pantalone. No gh’è altro. Tolè la vostra parte.
Argentina. Sì, ho sempre detto che per me non movereste un