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IL FILOSOFO INGLESE 379
E cerca per vendetta di fargli il maggior male.

Parla, minaccia, insulta, per tutto gli fa guerra,
E giura che lo vuole lontan da questa terra.
Un uom di quella sorta, da voi ben conosciuto,
Si perde ingiustamente, se mancagli un aiuto;
E un cavalier sdegnato, per vana pretendenza,
Farà su l’innocente valer la prepotenza.
Saixon. Odio, aborrisco e sdegno le prepotenze ardite;
Permetter non si denno. Che posso far? seguite.
Lorino. (Madama...) (alla Saixon)
M. Saixon.   (State zitto). (a Lorino)
M. Brindè.   Se voi nel vostro tetto
(al signor Saixon)
Voleste ricovarlo, gli porterian rispetto.
Fatelo, ve ne prego, cuor generoso umano...
Saixon. Madama, non vorreste vi facessi il mezzano?
M. Saixon. (Bravo. Ha risposto bene).
M. Brindè.   Signor, mi conoscete.
So che talor, parlando, scherzar vi compiacete.
Son donna, sono umana, e son di amor capace,
Ma l’onestà e l’onore è il mio nume verace.
Tre anni son ch’io vivo vedova a voi unita,
Pubblico al mondo tutto è il tenor di mia vita.
Amo le scienze ed amo, è ver, chi le coltiva;
Di nozze a me conformi fors’io non sarei schiva,
Ma qual se non vi fosse, con noi starebbe, il giuro.
Saixon. Madama, vi conosco. Scherzai, ve l’assicuro.
M. Saixon. (Povera semplicetta! starà come un bambino).
(da sè, ascoltando)
Lorino. (Madama, non si gioca?) (alla Saixon)
M. Saixon.   (Zitto, monsieur Lorino).
(a Lorino)
M. Brindè. Dunque, che risolvete?
Saixon.   Non so; vi è dell’impegno.
M. Brindè. Credetemi, Jacobbe di protezione è degno.