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IL VECCHIO BIZZARRO 437

Celio. (Sì tocca il polso.)

Pantalone. Bravo!

Celio. Mi pare di star peggio.

Pantalone. Tolè sto medicamento.

Celio. Mi farà bene?

Pantalone. Tolèlo sora de mi.

Celio. Lo prenderò. (beve)

Pantalone. Ve piaselo?

Celio. Non mi dispiace.

Pantalone. Ve par de star meggio?

Celio. Mi par di sì.

Pantalone. Toccheve el polso.

Celio. Va bene, è gagliardo.

Pantalone. Seu forte?

Celio. Fortissimo.

Pantalone. Vegnìu al Salvadego?

Celio. Verrò dove voi volete.

Pantalone. Andeve a vestir, che ve aspetto.

Celio. Vado subito. (parte, toccandosi il polso)

Pantalone. E tocca!

Celio. Son forte, e non ho paura.

Pantalone. Coss’è sta paura? De cossa gh’aveu paura? De morir? Una volta per omo tocca a tutti.

Celio. Oimè! (si tocca il polso, e sputa)

Pantalone. Se farè cussì, deventerè matto.

Celio. Per amor del cielo, non mi parlate di malinconia. Quando sento discorrere di queste cose, mi vengono le convulsioni.

Pantalone. Cossa xe ste convulsion? Adesso tutti patisse le convulsion. I miedeghi dopo tanti anni i ha trova un termine che abbrazza un’infinità de mali, e cussì i la indivina più facilmente. Quel che rovina i omeni, xe la maniera del viver che se usa presentemente. Mi seguito el stil antigo, e grazie al cielo, no patisso nè rane, nè convulsion. La cioccolata e el caffè le xe cosse che insporca el stomego. Do soldetti de malvasia garba xe