Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/89

Da Wikisource.

IL GELOSO AVARO 35

Pantalone. Che smorfiosa! ghe diol la testa come una bestia, e per suggizion no la vol el remedio. La me fa una rabbia che la copperia.

Luigi. Via, signora, compiacetevi...

Pantalone. Via, gradì, tolèla. Se tratta della vostra salute. No me fe andar in collera.

Eufemia. Per compiacervi; ne beverò due sorsi.

Pantalone. Sior don Luigi ve la lassa per quando ghe n’averè bisogno; no xe vero? (a don Luigi)

Luigi. Verissimo; così desidero.

Eufemia. Non permetterò certamente...

Pantalone. Via, tolèla. Queste le xe cosse lecite e oneste. Se tratta d’un medicamento. Se fusse qualcoss’altro, no lo permetteria. Dè qua, la metterò via mi, acciocchè no la perde, acciocchè no i ve la roba. (gliela prende)

Eufemia. (Oh, questo mio marito diventa ogni di peggio). (da sè)

Luigi. Signora, non voglio vedervi in piedi. Ecco, mi prenderò l’ardire di presentarvi una sedia.

Pantalone. (El principia a voler far da padron). (da sè)

Eufemia. Sono tenuta alle vostre grazie. (siede)

Pantalone. (Maledetta! l’accetta, e la se senta). (da sè)

Luigi. Mia sorella m’ha imposto di riverirvi.

Eufemia. Obbligatissima alla signora donna Aspasia. Ma voi, signore, state in piedi?

Luigi. Sederò anch’io, se mi permettete. (prende una sedia)

Pantalone. (Meggio!) (da sè) Donna Eufemia, faressi meggio a andarve a ripossar. El spirito opera più, quando se repossa.

Eufemia. Anderò dove comandate. (s’alza)

Luigi. Averò l’onore a servirvi alle vostre stanze.

Pantalone. No la s’incomoda, signor, la servirò mi.

Luigi. Signor Pantalone, per quel ch’io vedo, voi siete geloso. Non parmi di meritare un simile trattamento.

Eufemia. (Arrossisco per lui e per me). (da sè)

Pantalone. Mi zeloso? v’ingannè. (Sto senza creanza el vorrà rimproverarme quelle freddure che el m’ha dona). (da sè) Mi