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IL FESTINO 83
Contessa. Ascolta. Quand'ella viene, allora

Non lo dir al padrone, dillo a me.
Lesbino.   Sì, signora.
Contessa. S’ella chiedesse il Conte, dille: la servo, e lesto
Viemmi a dare l’avviso senza dir nulla, e presto.
Lesbino. La servirò. (come sopra)
Contessa.   Se mai, ascoltami, se mai (richiamandolo)
Ti prevenisse il Conte, tanto e tanto verrai.
Lesbino. E s’egli non volesse...
Contessa.   E tu lascialo dire.
Che il paggio da me venga, nessun lo può impedire.
Sento l’orchestra in moto. Principiano la festa.
Gran cose questa sera mi passan per la testa, (parte)
Lesbino. La povera padrona ha nella fantasia
Impresso il brutto male che ha nome gelosia.
Mi pare una gran cosa. Tre case ho già servito,
E mai di gelosia parlar non ho sentito.
Veduto ho dei mariti levarsi di buon’ora,
Senza veder in faccia nemmeno la signora;
E qualchedun trovando su per le scale in fretta,
Dir con indifferenza: andate, che vi aspetta.
Veduto ho delle mogli che ridon del marito,
Se san ch’egli si lagni d’avere il cuor ferito.
E due, marito e moglie, da me serviti in prima,
Avevano l’un l’altro di lor cotanta stima,
Che per non abusare di troppa confidenza,
Scontrandosi per casa faceansi riverenza.
E se per accidente chiedean: dove si va?
Dicean, vo dove voglio, con tutta civiltà.
Qui pur si fa lo stesso; ma vi è un divario solo,
Altrove si sta in pace, e qui si vede il duolo.
Onde chi faccia peggio di lor non so decidere;
Ma so che questi e quelli il mondo fanno ridere.