Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/22

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di una Commedia; ma io ho avvezzato il popolo a vederne tanti insieme in una sola rappresentazione, che di uno e di due i spettatori non si contentano. Come dunque si può mantenere perenne la sorgente dei caratteri, usandone così a dovizia? Ecco l’arte di cui mi valgo. Il carattere istesso, posto in un altro prospetto di quello in cui mi valsi una volta, mi serve tante altre volte, quante a cambiarlo mi accingo. L’Avaro è un carattere, ma dieci avari si possono rappresentare con altra condotta e in altre circostanze costituiti; così il Superbo, così il Prodigo, così la Donna fantastica, la spiritosa, o la sciocca. Tutto consiste a non ridire le cose dette, a non rimettere in scena gli avvenimenti rappresentati, e a fare che in ottanta Commedie, due non si somiglino fra di loro. Finora mi è riuscito di farlo. Lo farò in avvenire? Voglio lusingarmi di sì. I caratteri non sono infiniti in genere, ma ponno essere infiniti in specie. Ogni testa pensa a suo modo, e dal pensare degli uomini, e dall’operare che fanno a seconda dei loro pensieri, raccolgo l’abbondante messe degl’intrecci, del ridicolo e dei comici avvenimenti, parte veri, e verisimili in parte.