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296 | ATTO TERZO |
SCENA VI.
Il signor Grisologo e detti
Leonide. (Vedendo venire il signor Grisologo melanconico, se ne ride in segreto col signor Mario.)
Grisologo. (Ah! pazienza!) (da sè, in aria melanconica)
Leonide. (Fa lo stesso col signor Ridolfo.)
Felicita. È finita la commedia? (a Grisologo)
Grilletta. È finita.
Leonide. Come mai così presto? Siamo partiti ora, ch’erano all’atto terzo.
Grisologo. Sapete l’impertinenza che m’hanno fatto i maligni? Hanno sollevato il teatro, ed hanno costretto i comici a calar la tenda.
Leonide. (Ride col signor Mario.)
Felicita. Sono stati i maligni? (a Grisologo)
Grisologo. E chi volete che l’abbia fatto?
Leonide. Povero signor Grisologo. Tutta invidia.
Grisologo. Dicano la verità, essi che ci sono stati: era una cosa che meritasse un affronto simile?
Leonide. Far calar la tenda? Piuttosto non alzarla nemmeno.
Grisologo. Non l’intendo, signora Leonide.
Mario. Vuol dir la signora, che in questi casi è da desiderare di non essersi esposti.
Grisologo. Sa ella che cos’è, signore? Non intendono niente.
Leonide. Questo è quello che diceva io; non intendono niente.
Ridolfo. Non vi perdete per questo, signor Grisologo. Un’altra vi rimetterà in riputazione.
Grisologo. Sì; voglio farne delle altre, a dispetto de’ miei nemici.
Leonide. Ecco il signor Roccolino; fate attaccare. E che si parta una volta. (a Ridolfo)
Ridolfo. (Non si vede venire il signor Geronimo. Non so che risolvere). (da sè)