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LA BUONA FAMIGLIA 381


Franceschino. Uno scolare che va alla scuola dove vado io.

Anselmo. L’hanno sentita vostro signor padre, vostra signora madre?

Franceschino. Non ancora.

Isabella. La vogliamo dire dopo desinare.1

Anselmo. Fate a modo mio, figliuoli: non la fate loro sentire. Non istà bene che voi altri ragazzi vi facciate lecito di domandare cioccolata, caffè e altre cose che si contengono nella canzone. Se mi volete bene, voglio che mi facciate un piacere.

Franceschino. Comandi, signor nonno.

Anselmo. E anche da voi lo voglio. (ad Isabellina)

Isabella. Capperi! comandi pure.

Anselmo. Non voglio che mai più la diciate a memoria, nè piano, nè forte, nè in compagnia, ne da voi altri soli; e se volete esercitar la memoria, e imparar dei versi, ve ne darò io dei più belli. Questi sono scritti male, vi faran poco onore. Ve ne darò io de’ più belli assai. Me lo farete questo piacere?

Franceschino. Volentieri, signore. Ecco qui la carta; ne faccia quello che vuole; io le prometto di non recitarli mai più.

Isabella. Anch’io farò lo stesso. Non mi ricorderò nemmeno d’averli veduti. Ma ci ha promesso di darcene di più belli.

Anselmo. Sì, ve li darò; non dubitate.

Franceschino. Anderò, se si contenta, a terminare la mia lezione.

Anselmo. Sì, figliuolo, andate, che il cielo vi benedica.

Franceschino. Avremo dei versi belli. Oh che gusto, Isabellina.

Isabella. Questi non si dicono più.

Franceschino. Oh, mai più. (parte)

Isabella. Me li darà a me il signor nonno?

Anselmo. Sì, a tutti due.

Isabella. Vado a dirlo alla signora madre.

Anselmo. Non ci andate ancora dalla signora madre; aspettate ch’ella vi chiami.

Isabella. Anderò da Lisetta, dunque.

Anselmo. Sì, andate da Lisetta.

Isabella. Se me li dà stassera i versi, dimani glieli so dire, (parte)

  1. Mancano queste parole di Isabella nelle edd. Guibert-Orgeas, Zatta ecc.