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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/63

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IL CAVALIER GIOCONDO 57


SCENA IV.

Lisaura e Gianfranco; poi il Marchese.

Gianfranco. Mi son portato bene?

Lisaura.   Davvero, a maraviglia.
Gianfranco. Ingegnosa è la fame, quando davver consiglia.
Marchese. (Pellegrini?) (da sè, osservandoli)
Lisaura.   (Chi è questi?) (piano a Gianfranco)
Gianfranco.   (Parmi averlo veduto).
(a Lisaura)
Marchese. (Colui mi par altrove averlo conosciuto). (da sè)
Lisaura. (Andiam nell’altra stanza). (piano a Gianfranco)
Gianfranco.   Non facciam sospettare.
Marchese. Amico. (a Gianfranco)
Gianfranco.   Vi son servo.
Marchese.   Non credo di fallare.
Favorite di grazia, non siete il pellegrino
Che un dì faceva in piazza l’astrologo a Torino?
Lisaura. (Siam conosciuti).
Gianfranco.   È vero. A voi non vo’ negarlo.
Ma pregovi, signore, per grazia, di celarlo.
Promesso ha il Cavaliere di farmi carità;
Perdo un poco di bene, se l’esser mio si sa.
Potrebbe provvedermi la mia virtude in piazza;
Ma abbandonar non voglio quella buona ragazza.
Marchese. Che roba è?
Gianfranco.   Onestissima.
Lisaura.   Signor, non mi crediate...
Marchese. Saper io non mi curo chi siate o chi non siate.
(a Lisaura)
Ho bisogno di voi. (a Gianfranco)
Gianfranco.   Potete comandarmi.
Col Cavalier vi prego però non rovinarmi.
Marchese. Con lui non parlerò. Basta che voi venghiate
Meco da una signora. Vo’ che l’astrologhiate.