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LA DONNA STRAVAGANTE 219
Scherzar seco m’intesi, qual lice a una germana:

L’ira infiammolle il petto, ma cotal ira è vana.
L’amor di don Riccardo mi basta; e mi consolo
Ch’egli ragione intende, e che comanda ei solo.

SCENA VI.

Don Riccardo, don Rinaldo e la suddetta.

Riccardo. Donna Livia dov’è?

Rosa.   Or si è da me staccata.
Rinaldo. Forse perch’io qua venni?
Rosa.   Meco partissi irata.
Riccardo. Per qual ragion?
Rosa.   Ragione io non le diedi alcuna,
Ma so con mia germana d’aver poca fortuna.
Rinaldo. Da lei chi la conosce suole ottener tai frutti.
Riccardo. (La confidenza fattami non sia comune a tutti.)
(piano a don Rinaldo)
Rosa. Signore, ai cenni vostri erami qui portata.
Riccardo. Si parlerà, nipote, beviam la cioccolata.
Esservi donna Livia dovea; ma ciò non preme.
Rosa. Io partirò frattanto.
Riccardo.   No, la berrete insieme.
(siedono, e si porta la cioccolata per tutti tre)
Rinaldo. (Oh fosse donna Livia, qual donna Rosa, umana!) (da sè)
Rosa. (Non fosse don Rinaldo qual è per mia germana!) (da sè)
Riccardo. (Veggo, o di veder parmi, tenere occhiate alterne;
Non vorrei mi vendessero lucciole per lanterne), (da sè)
Rinaldo. (Eppur forzato sono amarla a mio dispetto). (da sè)
Rosa. (Non ci pensiam nemmeno). (da sè)
Riccardo.   (M’entran de’ dubbi in petto), (da sè)
Nipote, havvi la suora svelato un mio pensiero?
Rosa. Disse, ma il vero intendere dal labbro suo non spero.
Riccardo. Si parlerà. (Conviene scernere il ver con arte). (da sè)