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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/233

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LA DONNA STRAVAGANTE 227
E don Riccardo istesso, pacifico, sereno,

Par che per lei nutrisca mille sospetti in seno.
Sperar vo’ che non giunga di lei lo strano umore
A far che me non privi lo zio del primo amore.
Ma coll’usato ciglio or or non mi ha guardata;
Par minaccioso, irato, e son mortificata.
Servitore. Il padron di voi cerca.
Rosa.   V’andrò. Dove si trova?
Servitore. Con donna Livia in sala.
Rosa.   Andarvi or non mi giova.
Servitore. Era, pria d’incontrarla, diretto a questo loco.
Rosa. Perchè da lei si sciolga, qui tratterrommi un poco.
Servitore. Vidi una bella scena testè dalla germana.
Guardate s’è bizzarra, se veramente è strana.
Ordina che le porti il cuoco un brodo caldo;
Gliel porta, e in quel momento s’affaccia don Rinaldo.
Ella, come se colta da fulmine improvviso,
Fugge, e al povero cuoco getta la tazza in viso.
Rosa. Il Cavalier che fece?
Servitore.   Restò pian di spavento,
Facendo a messer cuoco di scuse un complimento.
Rosa. Soverchia sofferenza a derision lo espone.
Servitore. Povero pazzarello.... Ma accostasi il padrone. (parte)

SCENA III.

Donna Rosa, poi don Riccardo.

Rosa. Ci vuol fortuna al mondo; un cavalier sì saggio

Soffre da lei gli scherni, perdonale ogni oltraggio;
E di una, che di Livia avesse maggior merto,
Ogni leggiero insulto sarebbe mal sofferto.
Riccardo. (Eccola, vo’ provarmi svelar del suo pensiero
Con arte a me non usa, se mi riesce, il vero.) (da sè)
Vi ho ritrovata alfine, posso alfin ragionarvi.
Rosa. Unito alla germana temei d’importunarvi.