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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/235

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LA DONNA STRAVAGANTE 229
Non ponesi per prova a repentaglio il cuore.

Livia che stolta è detta, di voi teme a ragione,
E la sorella incauta al suo livor si espone.
In lei che ha l’alma ardita, men condannar mi piace
Follia che altri nasconde colla menzogna, e tace.
Rosa. Possibile, signore, che me nel vostro petto
Dipinga il mio destino con un sì nero aspetto?
Giuro per tutti i numi....
Riccardo.   Basta così; si taccia.
Smentir faravvi a un tratto quel che or vi viene in faccia.
Rosa. Don Rinaldo? Vedete se amor per lui mi punge.
Parto, e mi vegga ei pure partire allor che giunge.
Nol curo, s’ei mi segue; mi parli, io non l’ascolto.
Riccardo. Franco favella il labbro, ma vi cambiate in volto.
Rosa. Quel che mi cambia in viso, non è colpa o rossore,
Ma il nuovo inaspettato parlar del mio signore.
Da voi non seppi unquanco tradir la dipendenza.
Sa il cielo, ed a voi nota sarà la mia innocenza.
(parte piangendo)
Riccardo. (Fammi sperar quel pianto il di lei cuor sincero.
Donne, chi vi può credere? Quando mai dite il vero?)

SCENA IV.

Don Rinaldo e don+ Riccardo.

Rinaldo. Signor, m’indussi alfine tentar con un viglietto

Prove alla mia tiranna dar di costante affetto.
Di cavalier mi parve opera degna, onesta.
Riccardo. Qual risposta ne aveste?
Rinaldo.   La sua risposta è questa.
(mostra il foglio stracciato)
Riccardo. Lo lesse e io stracciò?
Rinaldo.   Letto lo avesse almeno.
Riccardo. Or che vi dice il cuore?
Rinaldo.   Fremer lo sento in seno.
L’aspro crudele insulto sdegnommi in sul momento.