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86 | ATTO TERZO |
Lavinia. Voi siete un cavalier prudentissimo.
Mauro. Vorrei esserlo, ma altro non so di certo, che di essere sfortunato.
Lavinia. Perchè vi lagnate della fortuna?
Mauro. Perchè mi ha fatto impiegare le mie attenzioni in chi non le ha degnate d’aggradimento.
Lavinia. Ed io poteva essere trattata peggio?
Mauro. E pur si danno queste combinazioni fatali!
Lavinia. Se ne danno anche di favorevoli.
Mauro. Certamente gli avvenimenti di questo mondo non sono che una vicenda di male e di bene, di piacere e di dispiacere.
Lavinia. L’ingratitudine di don Paoluccio mi ha profittato l’acquisto della mia libertà.
Mauro. E l’alterigia di donna Florida mi ha disimpegnato dalla più severa catena.
Lavinia. Pensate voi di mantenervi sempre così?
Mauro. Sarebbe tempo, che io pure gustassi il dolce di qualche amabile servitù.
Lavinia. Fortunata colei che saprà conoscere i pregi vostri, e avrà il vantaggio della vostra amicizia!
Mauro. La bontà vostra mi fa sperare ogni maggiore felicità.
Lavinia. Basta, don Mauro, voi mi favorirete nella mia carrozza.
Mauro. Obbedirò gli ordini vostri.
Lavinia. Vi spiacerà di perdere donna Florida?
Mauro. Come dispiacerebbe ad un ammalato la perdita della febbre.
Lavinia. Graziosissimo! (ridente) Andiamo. (parte)
Mauro. Che compitissima dama! (parte)
SCENA XVII.
Giardino con pergolati, sedili erbosi, uno de’ quali in mezzo.
Don Gasparo, donna Florida, don Paoluccio, don Riminaldo, don Eustachio a sedere in fondo; la Libera e la Menichina da un lato; poi don Ciccio e Zerbino.
Zerbino. Favorisca di venire con me.
Ciccio. Tu sei quello che ha mangiato le robe dolci.
Zerbino. La padrona mi ha perdonato; mi perdoni anche vossignoria.