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90 ATTO TERZO


Ciccio. Dove?

Lavinia. In città.

Ciccio. A far che in città?

Lavinia. Non lo sa che ora si parte, e che per quest’anno è terminata la nostra villeggiatura?

Ciccio. Come! terminata ora la villeggiatura? Don Gasparo, che dite voi?

Gasparo. Io dico quel che dice donna Lavinia. Le carrozze sono pronte, si parte or ora, e per quest’anno è finita.

Ciccio. E le promesse fattemi finche dura la villeggiatura?

Paoluccio. La parola vi si mantiene. Tutti sono impegnati con voi finchè dura; disgrazia vostra, ch’ella abbia finito presto.

Ciccio. Questa è una sbeffatura peggiore ancor della prima. Con i pari miei non si tratta così. Giuro al cielo, domando soddidisfazione; e se partite ora, saprò raggiungervi...(Ma se partono, che fo io qui?) (da sè) Sono azioni che non sono da farsi. Son chi sono; mi chiamo offeso, e cospetto di bacco, voglio vendetta, voglio soddisfazione. (parte)

Paoluccio. Oh, se fosse in Venezia, che bella commedia che farebbono di lui!

Lavinia. Non vorrei però ch’ei ci disturbasse1.

Gasparo. Non dubitate. Non ha spirito, non ha forze, si placherà.

Libera. Dunque partono davvero?

Riminaldo. Così è; a rivederci un altro anno.

Libera. Povera me, mi vien da piangere.

Menichina. Anche il signor don Paoluccio?

Paoluccio. Partiamo tutti. Restate, ninfe gentili, coi vostri amanti pastori.

Eustachio. Se vi basta Zerbino, ve lo faremo restare.

Zerbino. Eh, signore, in città ne trovo ancor io di meglio.

Gasparo. Garbate giovani, ho capito; in avvenire mi regolerò.

  1. Zatta: ch’ei si turbasse.