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210 | ATTO SECONDO |
SCENA VI.
Placida, Quaglia, Orazio.
Quaglia. Con licenzia1.
(Te l’ha detto il padrone?)
Placida. (E posso crederlo?)
Quaglia. (Orazio è tuo, se l’amor suo ti accomoda).
Placida. (Basta ch’ei non si penta, io non oppongomi.
Che a dir il ver, mi dà nel genio Panfilo,
Ma sì bella occasion non è da perdere).
Quaglia. State allegro, signor, che tutto è in ordine;
La fanciulla vi ama e non ricusavi,
Anzi è pronta alle nozze; è ver tu, Placida?
Placida. Sì, certamente, e chi potrebbe opponere
Alla bontà ch’ave il signor Orazio
Verso colei che un tanto ben non merita?
Orazio. La sorte mia non mi poteva rendere
Più contento e felice. Andate, io pregovi...
Quaglia. Andate tosto a messer Luca, e ditegli
Che le nozze disponga.
Orazio. E se mi è lecito
Dare alla sposa...
Quaglia. È di buon cuor, credetelo.
Cento segni daralle d’amor tenero,
Ben radicato nel suo cuore, e stabile.
(Partite, e fate ch’ei più vi desideri2).
Placida. Signore sposo, con licenzia.
Orazio. Il debito
Che mi corre con voi saprò discernere,
E sarò grato...
Quaglia. Di sua gratitudine
Possovi io stesso assicurar.