Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XIV.djvu/231

Da Wikisource.

LA PUPILLA 223
Caterina ad amarmi, e il laccio stringere

Meco di sposa? Ah, vi conosco, o perfidi,
Per di man trarmi la mercè promessavi,
Voi m’ingannaste, o pur sol per deridermi
Prendeste a gioco quella fiamma acerrima,
Che di questo mio cor fa crudel strazio;
Ma all’un de’ fini fia il disegno inutile,
E all’altro l’ira mia saprà rispondere,
Qual l’indegna opra vostra esige e merita.

SCENA IX.

Panfilo, messer Luca.

Panfilo. Messere, vi domanda certa vecchia

Ch’io non conosco.
Luca.   Va, briccone, al diavolo
Tu ed essa ancora, e quanti a te son simili
Nell’ingannar.
Panfilo.   Signore....
Luca.   Temerario,
Esci di questa casa, e teco Placida
Fa che se n’esca; o se ritardi, aspettati
Con un bastone ch’io ti fiacchi gli omeri.
Panfilo. È questa dunque la mercè promessami?...
Luca. Qual mercè, scellerato? Tal lusingasi
Un padron vecchio, che ti amò qual figlio,
Che t’aprì il core, e che ti disse, aiutami?
Caterina o non seppe il desiderio
Che per lei m’arde; o se lo sa, disprezzalo.
Ed io fidando in voi, tristi, falsarii,
Le scopersi il mio foco; ed essa in cambio
Lasciommi tristo, svergognato e misero.
Panfilo. Ma io...
Luca.   Non replicar, che cento demoni