Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XIV.djvu/368

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360 ATTO PRIMO
Isidoro. Vado immediatamente. Mi ha detto il bottegaio,

Che avea delle pernici.
Berto. Che se ne compri un paio.
Isidoro. Oggi siam cinque a tavola. Saran poche due sole.
Berto. Che se ne comprin quattro; più fatti e men parole.
Isidoro. Mando lo spenditore a prenderle a drittura.
(La cosa in questo modo non andrà mal, se dura).
(da sè, e parte)

SCENA VI.

Don Berto e don Anselmo tiratosi da una parte.

Berto. Cosa fa don Anselmo involto in quel mantello?

Anselmo. (Per giugnere al disegno conviene andar bel bello), (da sè)
Stava fra me pensando al figlio di un amico
Caduto per disgrazia in un luttuoso intrico.
Era il più buon figliuolo che abbia mai conosciuto;
Ma seco un suo parente ad abitar venuto,
Gl’impresse il mal costume nel core a poco a poco,
Ed or quel miserabile sente d’amore il foco.
Chi ha figli o figlie in casa da custodir, vi pensi.
Tenera gioventute ha delicati i sensi.
Al mal natura inclina, è un seduttore il vizio,
E basta un mal esempio per trarne al precipizio.
Berto. Grazie al ciel che lontano son io da tai perigli.
Non ho mai presa moglie per non aver dei figli.
Anselmo. Però di due nipoti il ciel vi ha caricato.
Buon per voi che la peggio per tempo ha preso stato;
Ma vi ritorna in casa vedova, accostumata
All’odierno stile di donna maritata.
Vorrà conversazioni, vorrà serventi al fianco.
Male per donna Placida, ma pur per essa è il manco.
Orribile è il periglio della germana nubile.
Buona è donna Luigia, ma pare un po’ volubile;
E temo, se non veggasi a tempo rimediato,
Il caso dell’amico in voi verificato.