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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XIV.djvu/37

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IL MEDICO OLANDESE 31
Guden.   Per voi, se nol sdegnate.

Marianna. Caro signor Polacco, ridere voi mi fate.
Guden. Lo so, lo so, che invano spero trovar conforto;
Meco le mie sventure, ovunque vado, io porto.
Per me le stelle ingrate son d’ogni bene avare. (agitato)
Marianna. Questo trasporto vostro è ben particolare.
Guden. Che può sperare un uomo pieno di larve in petto?
Reso dal mal stucchevole, orribile d’aspetto? (agitato)
Marianna. Oh signor, non è vero. Frenate omai quell’ira.
Il vostro volto è tale, che riverenza ispira.
Sprezzo di voi medesimo vi porta a questo segno:
Non vi si vede in viso, di quel che dite un segno.
Guden. Esser può che madama co’ suoi lumi vezzosi (rasserenato)
M’abbia tratti dal volto i segni dolorosi.
Marianna. Son di guarir lo spirito arti al mio ciglio ignote.
Guden. Ah, non so chi più vaglia, se il zio, se la nipote.
Marianna. Vi scordaste, mi pare, i suoi suggerimenti.
Propose all’uopo vostro miglior divertimenti:
Gioco, feste, giardini, moto, allegria di cuore.
Guden. Aggiungete, madama, qualche discreto amore.
Marianna. Oh mi perdoni, in questo ei vi consiglia male.
Guden. No, dubitar nol posso; Bainer so quanto vale.
Marianna. Bene, il paese nostro d’oggetti è provveduto:
Basterà che voi siate in Leiden conosciuto.
Non mancherà chi apprezzi del vostro cuore il dono.
Guden. Le lettere ch’io porto, paleseran chi sono.
Non paladin del regno, non della corte amante,
Ma giovane onorato, banchiere e negoziante.
Nè di vantarmi intendo, nel dichiarar ch’io sono
Tal, che da sorte amica ebbe ricchezze in dono.
Ma che mi val al mondo l’aver comodo stato?
L’oro che può valermi, s’io son sì sfortunato?
Marianna. Or di che vi dolete?
Guden.   Mi dolgo aver sofferto
Tanti dolori e tanti, della mia vita incerto.