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LA VEDOVA SPIRITOSA 407
Condur da chi lo pratica si lascia per il naso.

Voi col vostro giudizio sareste il di lui caso.
L’altra sorella vostra è giovine, è fanciulla,
Non sa d’economia, di casa non sa nulla.
Solo di frascherie, di mode è sol maestra,
E son le sue faccende lo specchio e la finestra;
La serva è una pettegola, il servitore è peggio,
Non fanno il lor dovere, e rubano alla peggio.
Vi è poi quel don Anselmo, falsario, bacchettone,
Che domina don Berto, che vuol far da padrone;
Che aspira a un matrimonio colla minor nipote,
Non già per vero affetto, ma sol per la sua dote;
Che sotto un finto zelo sa mascherare il vizio,
E manda dell’amico la casa in precipizio.
Tutta gente cattiva; io che son uom sincero,
Dissimular non posso, e vi discopro il vero.
Placida. Per dir la verità, voi pontuale, esatto,
A ognun di questa casa faceste il suo ritratto.
A voi per tal fatica gratissima mi mostro,
Ma avrei piacere ancora che mi faceste il vostro.
Isidoro. A me non appartiene farvi il ritratto mio.
Placida. Verissimo; aspettate che farvelo vogl’io.
Voi siete, a quel ch’io sento, un uomo che convince
A forza di finezze, ma tien da quel che vince.
S’io resto, s’io comando, a me tutta la stima.
S’io parto e mi ritiro, don Berto è quel di prima.
Parlando a don Anselmo, lodate i pregi sui,
A me lo biasimate, parlandomi di lui.
Lo stil della germana voi meco or criticate;
Poi seco ragionando, lo so che la lodate.
Dite dei servitori più mal che non conviene.
Di lor, quando vi servono, non fate che dir bene.
La tavola vi piace; se un dì si mangia poco,
Dite mal del padrone, del spenditor, del cuoco.
Amante del buon tempo, del faticar nemico,