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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/109

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NOTA STORICA


Fu a Colorno, che ospite della Corte di Parma il Goldoni senti recitare, l’anno 1756, da comici francesi Cénie di Madame de Graffigny, scritta sei anni innanzi. (Mèmoires, P. II, cap. 31). Già una volta le Lettres pèruviennes della stessa autrice avean fornito la favola a un’altra sua romanzesca composizione (La Peruviana, 1754). Incalzato al solito dalla ressa del lavoro, gli parve che mettesse conto dar libera veste italiana anche al lagrimoso dramma, ritenuto a que’ giorni un capolavoro (cfr. Rèpertoire du Thèàtre françois, Troisième ordre. Paris, 1819, vol. I, pp. 33-37).

Cénie non è figlia di Dorimon, come per ragioni d’interesse fece credere a questi la moglie defunta. Madre vera n’è Mad. Dorsainville, la governante, il cui marito dovette andar lontano per una questione d’onore. La fanciulla e un nipote di Dorimon, Clerval, s’amano; ma il loro affetto avversa, per amor della dote, l’altro nipote Méricourt. È lui che avendo assistito solo la zia morente n’ebbe il segreto, e ora tenta valersene per costringere Cénie, con la minaccia di palesar tutto allo zio, a dargli ascolto. Nè questo nè le calunnie dette a Dorimon sul conto del fratello giovano al malvagio. Cénie non tace la sua oscura origine, ma il generoso Dorimon è pronto allora ad adottare la fanciulla, e neanche Clerval intende perderla. Non ritenendosi degne di tanto, madre e figliola stanno per lasciare la casa ospitale, quando il ritorno di Dorsainville, già aiutato e protetto da Clerval senza conoscerne il vero essere, accomoda ogni cosa e la virtù non resta senza premio.

Questa la favola che il Goldoni, nobilizzati i buoni borghesi della Graffigny, riprodusse liberamente ne’ suoi soliti martelliani. Gli pareva che alla nota sentimentale della tela rispondesse meglio il verso. «Je suivis — avvertono i Mémoires — l’Auteur francjais autant que le goùt Italien pouvoit se conformer à une composition étrangère. Cénie n’etoit qu’ un Drame très-touchant, très-interessant, mais dénué tout-à-fait de comique» (P. II, cap. XXXI). La premessa brevemente riassume quanto il Goldoni mise di suo: l’episodio di Marianna cioè e l’altro del padre posticcio ch’egli, prima che nella Raccolta di cause celebri (Mèm., ibid.), poteva trovare ne’ Suppositi dell’Ariosto. Era quest’ultimo episodio destinato a fornirgli «le moyen d’égayer la pièce» (ibid.), ma perchè di troppo bassa comicità, male si lega con l’intonazione melodrammatica di tutto il lavoro.

Dei due drammi diede il Walther Merz nell’ottima sua tesi un minuzioso e utile parallelo (C. G. in seiner Stellung zum französischen Lustspiel, Leipziz, 1903, pp. 53-58) e del rifacimento italiano questa critica: «Risulta da tale confronto che Il padre per amore, del resto una delle cose più deboli del Goldoni, rimane assai inferiore al modello francese. Senza vero intimo legame il Goldoni accozzò insieme il proprio e l’altrui. Il verso, del quale egli mai si mostrò esperto, è questa volta più che mai gonfio e in aperto contrasto col tenue contenuto».