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166 ATTO QUARTO
E se per mia cagione l’affar si è differito,

Da me per mio decoro dev’essere compito.
Chi è di là?
Foligno.   Mia signora.
Dorotea.   Dov’è Volpino?
Foligno.   Ei pranza.
Dorotea. Digli che lasci tutto, ch’ei venga alla mia stanza.
Foligno. Obbedirò.
Dorotea.   Mio suocero che fa?
Foligno.   Di là mi aspetta
Ch’io vada a rivestirlo, perchè d’uscire ha fretta.
Dorotea. (Vuole uscire sì tosto? ora capace egli è
D’andar per le botteghe a mormorar di me.
Resti in casa per oggi). Subito immantinente
Trova il signor Roberto; di’ lui segretamente,
Che da me favorisca udire una parola;
Ch’io bramo di parlargli fra noi da solo a sola.
Foligno. Ma se il padron mi aspetta.
Dorotea.   Facciamola finita.
Quando che ti comando, voglio essere obbedita.
Foligno. Subito, sì signora. (Spiacemi del padrone:
Ma questa signorina non vuol sentir ragione).
(da sè, e parte)

SCENA III.

La Signora Dorotea, poi la Signora Cammilla.

Dorotea. Se tanto questo giovane di Cammilla è invaghito,

Crederà, s’io gli parlo, toccare il ciel col dito.
Ma prima ch’egli arrivi, voglio, per farmi grata.
Dispone ad accettarlo il cuor di mia cognata.
Manderò ad invitarla... Eccola appunto sola.
Ehi, signora Cammilla, sentite una parola.
Cammilla. Cosa mi comandate?