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L'APATISTA 231
Conte. Parmi l’ora avanzata; per altro io mangio poco.

Fabrizio. Davvero, signor Conte?
Conte.   Avete un bravo cuoco?
Fabrizio. Un uom che non fa male. Un uom, per verità,
Che lavora di gusto.
Conte.   Che zuppa vi sarà?
Fabrizio. Tutte le di lui zuppe son saporite e buone.
Conte. Ho piacer; sentiremo. Ehi, vi sarà il cappone?
Fabrizio. Credo di sì.
Conte.   Va bene; ma che sia grasso e bello,
E un buon pezzo di manzo, e un pezzo di vitello.
Fabrizio. Dunque, per quel ch’io sento, gli piace mangiar forte.
Conte. Eh, non arrivo mai a due libbre per sorte.
Fabrizio. Quattro libbre d’allesso?
Conte.   E poi non mangio più.
Fabrizio. Mangia solo il bollito.
Conte.   E poi qualche ragù.
Fabrizio. Se vi fosse un pasticcio?
Conte.   Oh caro!
Fabrizio.   Un bel1 prosciutto?
Conte. Cotto nel vino buono? Io me lo mangio tutto.
Fabrizio. Non gli piace l’arrosto?
Conte.   Capperi! ed in che modo!
Un bel pezzo d’arrosto? propriamente mel godo:
Lesso, arrosto, ragù, pasticcio, ed ho finito.
Fabrizio. Un poco d’insalata per svegliar l’appetito?
Conte. Sì, sì, un’insalatina non la ricuso mai.
Fabrizio. Quattro paste sfogliate.
Conte.   Oh, mi piacciono assai.
Fabrizio. E il deser non lo calcola?
Conte.   Qualche piattello assaggio.
Mi piace, per esempio, se vi è del buon formaggio.
Se vi fosse una torta, non la ricuserei:
Quattro olive, un finocchio, un pomo io piglierei.

  1. Edd. Guibert-Orgeas, Zatta e altre: del bel.