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258 ATTO QUARTO
Signore, ecco il contratto; cedo non per timore,

(tirando fuori dalla tasca un foglio)
Ma faccio un sagrifizio in grazia del valore.
Prenda. (si accosta per dargli la carta)
Fabrizio.   Non vi accostate. (ponendosi colla spada in difesa)
Giacinto.   Offenderla non voglio.
Fabrizio. Mettete sulla punta di questa spada il foglio.
Giacinto. Ma perchè? (mostra aver paura della punta)
Fabrizio.   Non tardate.
Giacinto.   Si fermi in cortesia.
(vuole infilare la carta, e Fabrizio muove la spada)
(Una paura simile non ebbi in vita mia).
Cavaliere. (E graziosa la scena). (piano alla Contessa)
Contessa.   (Che scena inaspettata!)
(piano al Cavaliere)
Fabrizio. Infilzate la carta. (minacciandolo)
Giacinto.   Sì signor, l’ho infilzata.
(gli riesce d’infilzarla, e si ritira contento)
Fabrizio. Questo contratto indegno si laceri così. (lo straccia)
Sposatevi, Contessa.
Contessa.   Mi ho da sposar? con chi?
Fabrizio. Col Cavalier.
Contessa.   Davvero!
  Col Cavalier, vi dico.
Giacinto non si oppone.
Giacinto. Per me non contraddico.
Fabrizio. Animo, in mia presenza si faccia il matrimonio;
Potrà il signor Giacinto servir di testimonio.
Giacinto. (Anche di più).
Fabrizio.   Che dite?
Giacinto.   Son qui, so il mio dovere.
Fabrizio. Via porgete. Contessa, la mano al Cavaliere.
Contessa. (Per burla, oppur davvero?) (piano al Cavaliere)
Cavaliere.   (Son pronto in ogni modo).
(piano alla Contessa)