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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/308

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300 ATTO SECONDO
Che se voi lo sentite, innamorar vi fa.

(alla Baronessa)
Baronessa. È giovine? è bellino?
Contessa.   Anzi è in età avanzato;
Ma sta la sua bellezza nell’esser letterato.
E non è poco onore per me, ve lo confesso,
Che sì grand’uom si veda a visitarmi spesso.
Baronessa. Parla in versi?
Contessa.   E che versi!
Baronessa.   Contessa, il ver vi dico,
In materia de’ versi non me n’intendo un fico.
Capitano. In versi spiegheranno fra loro il suo concetto:
Noi parleremo in prosa. (alla Baronessa)
Contessa.   (Che tu sia maladetto!) (da sè)

SCENA V.

Don Fabio e detti.

Fabio. Mi umilio a queste dame. Signori, a voi m’inchino.

(tutti si alzano e lo salutano, poi tornano subilo a sedere)
Contessa. Il mio caro don Fabio, venite a me vicino:
Portagli qui una sedia. (a Martorino)
Martorino.   Eccola pronta e lesta.
Contessa. Tre dì senza vedermi? che baronata è questa?
Fabio. Sono gli affari miei, che tengonmi lontano.
Contessa. Eh sì, sì, sono in collera: via, tenete la mano.
(gli dà la mano, e don Fabio gliela bacia rispettosamente)
Capitano. (Oh sarei un gran pazzo a sospirar per lei!)
Cavaliere. (Che dicesse davvero! affè non crederei).
Contessa. Questa dama, don Fabio, nata in suolo romano,
Dove le dolci muse cantano al monte e al piano,
Vi conosce per fama, e di sentir desia
Qualche pezzo sublime di vostra poesia.
Baronessa. Umilissime grazie. (inchinandosi a don Fabio)