Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVI.djvu/144

Da Wikisource.
138 ATTO SECONDO
Anca sì che sta lettera xe scritta da Marina?)

(piano a Bellina)
Bettina. (La xe anca capace).
Lucrezia.   (No scoverzimo gnente).
Ferdinando. (Vien da loro il viglietto. Si vede apertamente).
Lucrezia. Gh’ala nissun sospetto, chi possa averghe scritto?
Ferdinando. Direi, se non temessi, d’essere troppo ardito.
Lucrezia. Via, la diga.
Ferdinando.   Mi pare che sia la Veneziana,
Che mi ha scritto il viglietto, poco da me lontana.
Lucrezia. A vu, maschera. (a Bellina)
Bettina.   A mi?
Ferdinando.   Se è ver quello che dite,
Se il viglietto è sincero, perchè non vi scoprite?
Bettina. Mi non ho scritto certo.
Lucrezia.   Mi no so de biglietto.
Sala chi averà scritto? quella dall’aneletto.
Ferdinando. Come sapete voi, ch’io ho donato un anello?
Lucrezia. Sior sì, savemo tutto.
Bettina.   L’ho anca visto; el xe bello.
Ferdinando. Dite, sareste mai una di voi Bettina?
Bettina. Mi Bettina? sior no.
Lucrezia.   Sala chi son? Marina.
Ferdinando. La signora Marina? Quella giovine bella,
Che sul festin ier sera brillò come una stella?
Bettina. (Malignazo!)1
Ferdinando.   Signora, vi giuro in verità,
Mi ha incontrato la vostra amabile beltà.
Di quante che ho veduto, siete la più brillante,
L’unica che può rendere questo mio core amante.
Lucrezia. De rider e burlar lo so che el se diletta.
Quella dell’aneletto xe bella e zovenetta.
Ferdinando. Bettina avrà il suo merito, ma francamente il dico:
In paragon di voi, io non la stimo un fico.

  1. Maledetto.: vol. VII!, 115, n. g.