Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/114

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fin delle recite sentivasi risuonare il nome del povero Autore, per altra parte mortificato. Ciò era per me un giubbilo, un’esultanza, e guai se la Providenza non mi muniva di tal ristoro! Non avrei avuto in Roma gli onori, che mi sono stati benignamente accordati, e sarei partito pieno di quel rossore, cui gli uomini onorati non possono dissimulare. Fra le Commedie che furono nel suddetto Teatro rappresentate, fu estremamente felice la mia Pamela1. In fatti fu egregiamente eseguita, distinguendosi sopra tutti un valoroso Giovane, che facea la parte di Milord Bonfil, nè io so d’avere veduto in Italia miglior Attore di lui. S’invogliò l’Impresario d’avere per l’anno appresso una Commedia, in seguito dell’argomento medesimo. Credo gli sia venuta la voglia, sapendo che da due altri Scrittori, dietro la traccia della mia Pamela Fanciulla, era stata fatta la Maritata. Bellissime tutte due, ma sempre d’un’altra mano. Desiderò d’averla di mano mia. Mi parve difficile; resistetti un pezzo, e finalmente la feci. Fatta ch’io l’ebbi, partii di Roma; fu rappresentata poi l’anno dopo; mi hanno detto che riuscì fortunata, quanto la prima, ma io non l’ho veduta rappresentare. Non ho avuto campo adunque di far sopra di essa quelle osservazioni, ch’io soglio fare dalla Platea sopra le cose mie, per correggerle pria di stamparle. Ho fatto al tavolino, tre anni dopo, quel che ho potuto, e qualche cosa ho cambiato, e mi pare che sia passabile fra tante altre peggiori; giacchè buona non posso dirla, perchè il buono non nasce nel mio giardino. Grande è stato al mio scarso talento l’impegno di continuare un’azione intieramente finita; grandissimo il labirinto, in cui mi sono posto da me medesimo di far divenire Milord geloso, ma con ragione, e mantenere Pamela onesta, e non coprire verun Attore di scelleraggini, o d’imposture, ma far sì che da una semplice combinazione di fatterelli nascessero i sospetti, e le ragionevoli congietture, conducendo il fin dell’azione con una lieta catastrofe, senza niente di sorprendente. Io non lodo la mia Commedia; svelo il mio assunto, e confesso la mia fatica.

Tutto quello che ha di buono la presente mia opera, è la dedica a Monsieur Voltaire, il di cui nome è maggiore di qua-

  1. Vedasi volume V.