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PAMELA MARITATA 117

SCENA IV.

Milord Artur ed il Cavaliere Ernold.

Ernold. Oh, questa poi non l’ho veduta in nessuna parte del mondo! Miledi è un carattere particolare. Oh, se fosse qui un certo poeta italiano, che ho conosciuto in Venezia, son certo che la metterebbe in commedia!

Artur. Cavaliere, se fosse qui quel poeta che conoscete, potrebbe darsi, che si servisse più del carattere vostro, che di quello della virtuosa Pamela.

Ernold. Caro amico, vi compatisco se vi riscaldate per lei; vi domando scusa, se sono venuto a interrompere la vostra bella conversazione. Un caso simile è a me successo in Lisbona. Ero a testa a testa con una sposa novella: sul punto di assicurarmi la di lei buona grazia, venuto è un Portoghese1 a sturbarmi. Dalla rabbia l’avrei ammazzato.

Artur. Questo vostro discorso offende una dama illibata ed un cavaliere d’onore.

Ernold. Milord, voi mi fate ridere. Se giudico che fra voi e Pamela vi sia dell’inclinazione, non intendo recarvi offesa; io che ho viaggiato, di questi amori simpatici ne ho veduti delle migliaia.

Artur. Non potete dire lo stesso ne di me, nè di lei.

Ernold. No dunque!2 Non lo potrò dire? Vi trovo soli in una camera, non volete ammetter nessuno; ella si sdegna, perchè è sturbata; voi vi adirate, perchè vi sorprendo, e ho da pensare che siate senza passione? Queste pazzie non le date ad intendere ad un viaggiatore.

Artur. Capisco anch’io, che non si può persuadere del buon costume un viaggiatore, che ha studiato solo il ridicolo degli stranieri.

Ernold. So conoscere il buono, il ridicolo e l’impertinenza.

Artur. Se così è, condannerete da voi medesimo l’ardito vostro procedere.

  1. Ed. cit.: venne un Prussiano.
  2. Nell’ed. cit.: No dunque! No! Non lo ecc.