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PAMELA MARITATA | 165 |
Majer. Signori miei; la mia commissione m’incarica di dilucidare l’accusa di questa dama. (accennando Pamela)
Pamela. Signore, sono calunniata; sono innocente.
Majer. Ancora non vi permetto giustificarvi. (a Pamela)
Ernold. Non prestate fede alle sue parole...
Majer. Voi parlerete, quando vi toccherà di parlare. (ad Ernold) Milord, (a Bonfil) chi è la persona, cui1 sospettate complice con vostra moglie?
Bonfil. Milord Artur.
Artur. Un cavaliere onorato...
Majer. Contentatevi di tacere. (ad Artur) Quai fondamenti avete di crederlo? (a Bonfil)
Bonfil. Ne ho moltissimi.
Majer. Additatemi il primo.
Bonfil. Furono trovati da solo a sola.
Majer. Dove?
Bonfil. In questa camera.
Majer. Il luogo non è ritirato. Una camera d’udienza non è sospetta. Chi li ha trovati? (a Bonfil)
Bonfil. Il cavaliere Ernold.
Majer. Che dicevano fra di loro? (a Ernold)
Ernold. Io non lo posso sapere. So che mi ha fatto fare mezz’ora di anticamera; so che non mi voleva ricevere, e che vedendomi entrare a suo malgrado, si sdegnò la dama, si adirò il cavaliere, e i loro sdegni sono indizi fortissimi di reità.
Majer. Ve li può far credere tali l’impazienza dell’aspettare, la superbia di non essere bene accolto. Milord, che facevate voi con Pamela? (ad Artur)
Artur. Tentavo di consolarla colla speranza di veder graziato il di lei genitore. Milord Bonfil non può sospettare della mia onestà. Ha egli bastanti prove della mia amicizia.
Miledi. L’amicizia di milord Artur poteva essere interessata, aspirando al possesso di quella rara bellezza. (ironica2)