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Nibbio.   Ve Io dirò: Sappiate

Che un Turco dalle Smirne, famoso negoziante,
Colla propria sua nave venuto è di Levante;
E certi amici suoi, per arte ovver per ozio,
Gli hanno cacciato in testa di far un buon negozio.
Gli han detto che alle Smirne vi son tanti Italiani
E Francesi ed Inglesi e Portoghesi e Ispani
Senza divertimento, e che non faria male
Chi colà conducesse un’opra musicale.
Il Turco galantuomo, che non è punto avaro,
Disse che volentieri impiegheria il danaro;
Ma di ciò non è pratico, e a dirla in confidenza,
Di ritrovare i musici ho avuta l’incombenza.
Credo sicuramente, che i primi che v’andranno,
I sacchi di zecchini di là si porteranno.
Ed io del signor Conte professo tanta stima.
Che la sua virtuosa voglio che sia la prima.
Lucrezia. Ah caro signor Nibbio, fatelo di buon core.
Conte. Vedete che vuol dire aver me in protettore? (a Lucrezia)
Lucrezia. (Eh sì, sì, di parole piuttosto è generoso).
Conte. Nibbio, sollecitate. Il tempo è periglioso.
Se avete autorità di farle la scrittura.
Accordiamo nel prezzo, e fatela a drittura.
Nibbio. È ver che l’impresario si vuol fidar di me,
Ma vuò che la signora venga a sentir da sè;
E vuò che senta ognuno, prima che sia fermato,
Perchè un giorno non dica, ch’io l’ho trappolato.1
Credo che della musica non abbia intelligenza,
Ma voglio soddisfarlo almen coll’apparenza.
Conte. Bravo, così mi piace. Conducetelo qua;
Canterà la signora senza difficoltà.
E stupirà sentendo quell’aria così bella:
Spiegando i suoi lamenti sen va la tortorella.

  1. Così il testo.