Vai al contenuto

Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/342

Da Wikisource.
330
Lucrezia. E mettersi voleva a recitar con seco?

V’è una gran differenza: la vederebbe un cieco.
Oltre il valor del canto per arte e per natura,
In lei si riconosce il garbo e la bravura.
Mi piace il suo gestire, se nel parlar si scalda,
Molto più recitando sarà la scena calda;
E ammiro sopra tutto quel gesto naturale,
Quel mover delle braccia, quel far confidenziale.
Conte. (Che tu sia maledetta, può corbellar di più?)
Tonina. Me movo un poco troppo, ma xe la zoventù.
Lucrezia. Certo che è giovanissima.
Tonina.   Eh, son vecchia debotto1.
Lucrezia. Quanto avrà, sedici anni?
Tonina.   Oh, i xe squasi disdotto.
Lucrezia. Non lo credevo, e quanti ne avrà la Bolognese?
Tonina. No gh’è tra ela e mi disparità d’un mese.
Ela, quanti ghe n’ala? Vinti?
Lucrezia.   Poco vi manca.
Tonina. In verità, dasseno, no la li mostra gnanca2.
Lucrezia. Eppure i diciannove sono di già passati.
Conte. (E quelli della balia dove li hanno lasciati?)
Tonina. Mo via, nol dise gnente?
Conte.   Lascio parlare a voi.
Tonina. Nu parlemo dei anni. Quanti sarali i sói?
Conte. Ventitré non finiti.
Tonina.   Oh caro, ventitré?
Conte. Se calano per voi, han da calar per me.
Tonina. (Che galiotto!)
Lucrezia.   Mi par gente sentir di là.
Conte. Ecco la Bolognese.
Lucrezia. ( Vuol alzarsi.)
Tonina.   Eh, che la staga qua.
De sta sorta de zente no l’abbia suggizion.

  1. Fra poco, a momenti: Boerio.
  2. Neanche, nemmeno.