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GL'INNAMORATI 47

Fabrizio. Succianespole poi è un omo di garbo. Non fo per dire, ma un servitore come lui non si trova. Fidato, attento, sollecito, pontuale, bravo cuoco, buono spenditore, è l’oracolo dei servitori.

SCENA V.

Eugenia e detti.

Eugenia. Che mi comanda il signore zio? (melanconica)

Fabrizio. State qui, state a far compagnia a questo cavaliere.

Eugenia. Non c’è il signor Ridolfo? (Se lo sapeva, non ci veniva).

Roberto. La mia compagnia non piace alla signorina.

Fabrizio. Eh, cosa dice mai? Lo riceve per grazia, per onore, per gloria. Si accomodino. Una sedia al padrone, (porta una sedia a Roberto) Ecco due sedie per le mie signore nepoti. (porta le sedie) Stiano in allegria, si divertano, ch’io anderò a lavorare; anderò a far il cuoco. Chi sono io? Sono il cuoco del mio padrone. (parte)

SCENA VI.

Flamminia, Eugenia, Roberto1, tutti a sedere.

Roberto. È sempre così gioviale il signor Fabrizio?

Flamminia. Lodo la vostra modestia; dovevate dire così caricato.

Eugenia. È di buon core, ma anche il buon core, quando eccede, è soverchio. (sempre in aria melanconica)

Roberto. Che ha la signora Eugenia, che mi par melanconica? (a Flamminia)

Flamminia. Non saprei, avrà i suoi motivi.

Eugenia. Diteglielo liberamente, se ha piacere di saperlo. Io non mi vergogno di manifestare una verità, che non mi fa disonore. Sono innamorata, signore, di uno che dovrebbe essere mio

  1. Manca quest’ultimo nome nelle più antiche edizioni goldoniane.